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Bla,bla,bla parole, parolacce, per non dire delle pantegane.

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Bla, bla, bla … parole, parolacce, per non dire delle pantegane.

 

La deprecabile governabilità del binomio giallorosso da poco instauratosi sugli scranni del Parlamento si è già arenata sul ‘fondo melmoso’ delle medesime idiosincrasie che sentiamo ripetere da tempo immemore, come il ritornello della nota canzone: “..parole, parole, parole”. Tant’è che è diventata ormai sinonimo di smaccata ironia: “parole, parolacce e sproloqui” giornalieri, ed eseguita in tutti gli spalti da una parte e dall’altra, come mai prima si era ripetere, neppure dai garzoni (leggi borgatari) dei più malfamati mercati rionali. Ma gli insulti tra i due (anche tre, quattro e cinque) non sembrano bastare mentre i fatti, che stentano ancora a prendere il via, sembrano arenatisi sul fondo stavolta ‘merdoso’ degli intenti lasciati sulla carta, la cui puzza invade le strade e le piazze della Capitale, di quella Roma definita ‘la più bella città del mondo’.

Un’immagine se vogliamo romantica della città resa però invivibile dalla sporcizia riversata che si va accumulando giorno dopo giorno e che ormai arriva all’altezza dei primi piani dei palazzi. Quindi dentro e fuori dal Parlamento lasciata da chi: rossi, gialli, verdi e turchini, tutti assieme, di volta in volta vi si alternano. Venuti da chissà dove, come si suol dire, a ‘cagare’ fuori dal bidone; tant’è che l’hanno trasformata in una discarica a cielo aperto e, come se non bastasse, abbandonata a se stessa senza ispezioni e manutenzioni di quelle aree di giurisdizione che più abbisognano di cure specifiche. Ma non basta. Tutti ricordiamo quando Venditti cantava: “..quanto sei bella Roma quanno è sera” e continuava con “..quanno piove”. Quando piove?, che ne volete sapere Voi se non siete mai capitati a Roma “quanno piove”, quando agli ombrelli colorati vengono sostituiti dalle calosce e le mascherine diventano mute da palombari.

Cioè, è tutto un dire: quando la ‘monnezza’ comincia a sciogliersi in liquami puzzolenti negli acquitrini che hanno riempito le innumerevoli buche stradali; quando le fogne incontinenti straripano e si trasformano in fossati maleodoranti e sprofondano nel sottosuolo. Per non dire delle ‘pantegane’ (leggi ‘sorche’ in romanesco), grasse come porcelli che si arrampicano fin sulle auto in sosta per farsi una doccia d’acqua pulita. E di quei gabbiani cosiddetti ‘reali’ per la loro grossa costituzione che, lasciate le sponde del biondo Tevere s’intrufolano nelle case e incominciano a volteggiare attorno ai frigoriferi. Entrambi ‘sorche’ e ‘gabbiani’ non sono poi così diversi da quei parlamentari che ben si nutrono, a nostre spese, di cibi prelibati e manicaretti, ‘alla faccia di quanti tirano a campare’ con quattro baiocchi di pensione, raccimolati dopo aver sputato amaro per 40anni nei posti di lavoro. Di quanti, haimè, si ritrovano oggi a frugare nei cassonetti dell’immondizia … quella sì davvero ‘indifferenziata’.

 

 

 

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